L-TIROSINA-H

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Ingredienti e tenore giornaliero

L-tirosina 500mg, zinco gluconato 18mg (zinco 4,5mg - 45% VNR), fucus (Fucus vesiculosus L.) tallo 37,5 mg e.s. tit. 0,2% iodio (75mg - 50% VNR), selenio metionina 4mg (50mcg selenio . 91% VNR).

Capsule: gelatina vegetale HPMC qsp 100%.

Contenuto

In pilloliera PET: 60capsule (peso 33,50g).

Modalità d’uso

1 capsula al giorno.

Effetto fisiologico

La tirosina è un amminoacido importantissimo per l'organismo umano, perchè è punto di partenza per la sintesi di importanti neurotrasmettitori, come la dopamina, l'adrenalina e la noradrenalina. Queste ultime due sostanze sono importantissime per il processo di adattamento a stress psicofisici intensi e improvvisi. Per questo motivo alla tirosina vengono ascritte proprietà adattogene, utili per migliorare la risposta dell'organismo a stress di varia natura, perchè migliora le funzioni cognitive e aumenta la resistenza allo sforzo, contrastando in particolare gli effetti negativi dello stress. Non a caso questo amminoacido veniva assunto a dosi elevate dai piloti dei cacciabombardieri impegnati nella guerra delle Falkland, allo scopo di rimanere svegli più a lungo ed elevare la soglia di attenzione. Il suo apporto alimentare non è essenziale ma può diventarlo in condizioni di carenza di fenilalanina. Oltre ad essere ricavata dagli alimenti, la tirosina può infatti essere sintetizzata a partire dalla fenilalanina, per semplice aggiunta di un gruppo ossidrilico (OH) al suo anello aromatico. Essendo quest'ultima un amminoacido essenziale, la tirosina viene fatta rientrare nella categoria degli aminoacidi semiessenziali.

Poiché la tirosina è precorritrice della dopamina e della noradrenalina, i cui livelli tendono ad essere bassi nelle persone depresse, l'integrazione di questo amminoacido è stata proposta come coadiuvante per il trattamento degli episodi depressivi minori.

La tirosina è necessaria anche per la sintesi di melanina, il pigmento cutaneo responsabile dell'abbronzatura e del colore della pelle, ma anche di quello degli occhi e dei capelli. Partecipa inoltre alla sintesi di svariati ormoni, come quelli tiroidei, oltre ad intervenire nella sintesi proteica e rientrare così nella maggior parte delle strutture proteiche dell'organismo.

Le dosi terapeutiche o di integrazione normalmente consigliate sono di 500-1000 mg di L-tirosina, da assumersi tre volte al giorno prima dei pasti principali. Per migliorare lo stato di veglia, riducendo il bisogno di dormire, si raccomandano dosaggi nell'ordine dei 150 mg per kg di peso corporeo.

Stati carenziali o di eccesso

Le carenze di tirosina sono piuttosto rare e associate perlopiù a casi di malnutrizione calorico-proteica. Bassi livelli di questo amminoacido sono stati associati a ipotensione, bassa temperatura corporea e a ipotiroidismo. Deficit di tirosina possono registrarsi negli individui fenilchetonuretici, a causa della necessità di allontanare nel modo più assoluto tutte le fonti alimentari di fenilalanina dalla propria dieta. Il deficit viene compensato inserendo l'amminoacido nei supplementi amminoacidici che questi individui sono costretti ad assumere quotidianamente in quantità importanti.

L'eccessiva assunzione di tirosina è stata messa in relazione con lesioni oculari, ritardi della crescita e cali di appetito. Tuttavia, la tirosina è generalmente ben tollerata e solo una piccola percentuale di individui ha lamentato problemi di nausea, mal di testa, affaticamento, bruciori di stomaco e dolori articolari dopo la sua assunzione.

Caratteristiche e sinergie

in questa formulazione, oltre alla L-tirosina troviamo anche il Selenio (come selenio metionina, quindi assorbita più rapidamente e trattenuta più a lungo dai tessuti) e lo Zinco (come zinco gluconato, ovvero la forma più biodisponibile) come elementi sinergici che potenziano l’effetto e aiutano nella modulazione.

  • Selenio (Se): è un bioregolatore essenziale e la sua azione, sinergica con quella dei flavonoidi, vitamina C e vitamina E, e degli ubichinoni, e  protegge l’organismo dallo stress ossidativo, dagli effetti degli stress cronici e dalle conseguenze biochimiche di certe intossicazioni. ll selenio, infatti, è fondamentale per il funzionamento di alcuni enzimi, chiamati appunto seleno-proteine, i quali, senza questo elemento, non sono in grado di funzionare correttamente.
    Esistono almeno trenta seleno-proteine ma quelle più importanti possono essere ridotte a tre:
    a) la glutatione-perossidasi: enzima con azione antiossidante, in grado di ridurre gli effetti tossici dei radicali liberi, di ridurre la morte cellulare per apoptosi e di modulare la sintesi della tireoglobulina (TG) e degli ormoni tiroidei (T4, T3);
    b) la iodiotironina deiodinasi: rappresentata da una famiglia di enzimi, noti anche come desiodasi (D1, D2, D3). Ciascuna isoforma ha una differente distribuzione tissutale e determina l’attivazione, o l’inattivazione, degli ormoni tiroidei a livello dei diversi organi. La presenza di selenio in concentrazione plasmatica sufficiente è fondamentale per il funzionamento di questi enzimi e, conseguentemente, per la produzione di ormone tiroideo attivo (T3).
    c) la tioredoxina reduttasi: ha un’azione ossido-riduttiva per cui protegge dallo stress ossidativo.
    Da quanto detto, pertanto, appare evidente che i principali enzimi per il cui funzionamento è necessaria la presenza di selenio, eplicano la loro azione nel metabolismo tiroideo.
    Non a caso, infatti, la tiroide è il tessuto umano in cui vi è la più alta concentrazione di selenio ed al suo interno la concentrazione di selenio può rimanere stabile anche per molto tempo, indipendentemente dall’introito dietetico e dalla disponibilità nell’organismo.
    Una conferma dello stretto legame fra tiroide e selenio è data dalla tireoperossidasi (TPO), enzima chiave per la sintesi della tireoglobulina e degli ormoni tiroidei. Dalle reazioni chimiche necessarie per la sintesi degli ormoni tiroidei in cui interviene la tireoperossidasi, tuttavia, si generano dei radicali liberi che sarebbero pericolosi e dannosi se non fosse attivo un sistema di difesa atto a proteggere la cellula tiroidea dal danno ossidativo. Questo sistema di difesa intra-tiroideo è rappresentato, in larga parte, proprio dall’enzima selenio-dipendente glutatione-perossidasi. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che a bassi livelli ematici di selenio corrisponde un aumento dello stress ossidativo e del danno a livello del tessuto tiroideo, con riduzione della produzione degli ormoni tiroidei e conseguente ipotiroidismo.
    E’ probabile, pertanto, che una carenza di selenio possa innescare e mantenere una tiroidite autoimmune in pazienti predisposti allo sviluppo della malattia.
    Pertanto la supplementazione di selenio potrebbe avere un grande impatto dato che la tiroidite cronica autoimmune è tra le patologie endocrine più frequenti, interessando circa il 10% della popolazione femminile ed il 2% di quella maschile. Inoltre, la tiroidite autoimmune è in progressivo aumento e rappresenta la causa più frequente di ipotiroidismo (50-80% dei casi).
    Per questo motivo sono stati effettuati diversi studi scientifici per valutare gli effetti della somministrazione di selenio, da solo o associato all’ormone tiroideo (levotiroxina), in diverse disfunzioni tiroidee come: la tiroidite cronica autoimmune, l’ipotiroidismo subclinico, l’ipotiroidismo franco, il morbo di Basedow e le tireopatie in gravidanza.
    In generale molti di questi studi dimostrano che nelle tiroiditi autoimmuni la somministrazione di selenio può determinare un significativo calo del titolo anticorpale (anticorpi anti TPO) ed una stabilizzazione del quadro ecografico.
    Pertanto da questi studi preliminari emerge che è probabile che la supplementazione di dosi fisiologiche di selenio possa essere in grado di prevenire il peggioramento della funzione della ghiandola specie nelle tiroiditi autoimmuni. Questi risultati sono spiegabili sulla base di un’azione regolatoria diretta del selenio sul sistema immunitario, come dimostrato da altri studi presenti in letteratura scientifica.
    Inoltre, la somministrazione di selenio, infine, potrebbe avere un ruolo positivo anche nelle donne con tiroidite autoimmune in gravidanza e nel ridurre il coinvolgimento oculare (oftalmopatia basedowiana) (prenota una visita oculistica) nel pazienti affetti da morbo di Graves.
    In conclusione la carenza di selenio può avere un impatto cruciale, soprattutto nel caso di attivazione del sistema immunitario e quando la produzione di ormoni tiroidei è ridotta, come avviene nei casi di tiroidite cronica.
    Sembra altresì evidente che, sebbene ulteriori studi scientifici siano ancora necessari, che la somministrazione di selenio possa produrre benefici nel caso di tireopatie autoimmuni.

  • Zinco (Zn): “microminerale”, fa parte di oltre 300 complessi enzimatici ed è necessario per il corretto funzionamento di molti ormoni, inclusi gli ormoni tiroidei, il cortisolo, l’insulina, l’ormone della crescita e gli ormoni sessuali. L’organismo ne contiene nei muscoli, nei globuli rossi e in quelli bianchi.
    Si trova principalmente nelle cellule di organi come fegato, pancreas e reni, nella retina degli occhi e nei tessuti di muscoli, epidermide, ossa, unghie e capelli; in concentrazioni minori è presente anche nei neuroni, nello sperma, nel plasma, nei globuli rossi e bianchi. Lo zinco viene assorbito a livello dell’intestino tenue e la sua espulsione avviene tramite le feci e, in parte, con l’urina. Modula i processi cerebrali di neurotrasmissione e contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario contro virus e batteri ed è necessario per favorire il corretto funzionamento del timo (attiva in circolo l’ormone timulina), dei leucociti e specialmente dei linfociti T, agendo come immuno-stimolante a favore del linfociti Th1 e cellule NK; studi recenti hanno dimostrato che lo zinco è un potente e specifico inibitore della segnalazione degli interferoni-lambda, che sono citochine pro-infiammatorie importanti nell’infezione virale acuta e cronica. Nel mondo, un individuo su quattro, può essere carente di zinco, e la maggior parte degli individui con ipotiroidismo sono carenti di questo microminerale. Da ricordare, infine, che deficit di zinco impediscono la conversione dell’ormone tiroideo T4 in T3.

  • Fucus è un'alga marina con tallo lungo fino ad 2 metri, chiamato anche “Alga bruna” cresce lungo le coste dei mari temperati e freddi dell’emisfero nord e particolarmente abbondante nel canale della Manica e contiene alginati e iodio in percentuale dallo 0,05-0,2%. Ricco di Sali minerali, Vit. C, caroteni, contiene come principi attivi iodio inorganico e proteico, potassio, sali minerali, vitamine, acido alginico, carboidrati, carotenoidi, bromofenoli, acido ascorbico.

    Lo iodio è un elemento facilmente assorbibile dall’organismo umano, stimola la tiroide velocizzando il metabolismo basale, aiuta a bruciare l’eccesso di calorie svolgendo un’azione atta alla perdita del peso corporeo eliminando i grassi depositati nel tessuto sottocutaneo.

    Il fucus ha mostrato di possedere attività antibiotica e la sua frazione mucopolisaccaridica (lectine) possiede attività immunomodulante (induzione di trasformazione leucocitaria) e anticandida.

Precauzioni d'uso e interazioni farmacologiche

Si consiglia prudenza nel caso in cui si desideri assumere integratori di tirosina in presenza di cefalea ed emicrania, in quanto l'amminoacido potrebbe esacerbare questi disturbi (aumentando la sintesi di tiramina). Per lo stesso motivo andrebbe evitato l'uso in associazione a farmaci MAO-inibitori (rischio di crisi ipertensive con danno cardiaco); tra questi farmaci ricordiamo l'isocarbossazide, la fenelzina, la selegilina, la moclobemide e la tranilcipromina. Prudenza anche nei soggetti ipertiroidei, affetti da morbo di Basedow o che assumono farmaci contro l'ipotiroidismo come la tiroxina (eutirox); infine, l'assunzione di tirosina va assolutamente vietata durante il trattamento con levodopa (un farmaco antiparkinsoniano), data la competizione di assorbimento a livello intestinale.

N.B. Non vengono utilizzati per la preparazione del prodotto: frumento, zucchero, sale, l’amido, soia, derivati del latte, conservanti, coloranti e aromi artificiali.

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L-tirosina 500mg, zinco gluconato 18mg (zinco 4,5mg - 45% VNR), fucus (Fucus vesiculosus L.) tallo 37,5 mg e.s. tit. 0,2% iodio (75mg - 50% VNR), selenio metionina 4mg (50mcg selenio . 91% VNR).

Capsule: gelatina vegetale HPMC qsp 100%.

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In pilloliera PET: 60capsule (peso 33,50g).

Modalità d’uso

1 capsula al giorno.

Effetto fisiologico

La tirosina è un amminoacido importantissimo per l'organismo umano, perchè è punto di partenza per la sintesi di importanti neurotrasmettitori, come la dopamina, l'adrenalina e la noradrenalina. Queste ultime due sostanze sono importantissime per il processo di adattamento a stress psicofisici intensi e improvvisi. Per questo motivo alla tirosina vengono ascritte proprietà adattogene, utili per migliorare la risposta dell'organismo a stress di varia natura, perchè migliora le funzioni cognitive e aumenta la resistenza allo sforzo, contrastando in particolare gli effetti negativi dello stress. Non a caso questo amminoacido veniva assunto a dosi elevate dai piloti dei cacciabombardieri impegnati nella guerra delle Falkland, allo scopo di rimanere svegli più a lungo ed elevare la soglia di attenzione. Il suo apporto alimentare non è essenziale ma può diventarlo in condizioni di carenza di fenilalanina. Oltre ad essere ricavata dagli alimenti, la tirosina può infatti essere sintetizzata a partire dalla fenilalanina, per semplice aggiunta di un gruppo ossidrilico (OH) al suo anello aromatico. Essendo quest'ultima un amminoacido essenziale, la tirosina viene fatta rientrare nella categoria degli aminoacidi semiessenziali.

Poiché la tirosina è precorritrice della dopamina e della noradrenalina, i cui livelli tendono ad essere bassi nelle persone depresse, l'integrazione di questo amminoacido è stata proposta come coadiuvante per il trattamento degli episodi depressivi minori.

La tirosina è necessaria anche per la sintesi di melanina, il pigmento cutaneo responsabile dell'abbronzatura e del colore della pelle, ma anche di quello degli occhi e dei capelli. Partecipa inoltre alla sintesi di svariati ormoni, come quelli tiroidei, oltre ad intervenire nella sintesi proteica e rientrare così nella maggior parte delle strutture proteiche dell'organismo.

Le dosi terapeutiche o di integrazione normalmente consigliate sono di 500-1000 mg di L-tirosina, da assumersi tre volte al giorno prima dei pasti principali. Per migliorare lo stato di veglia, riducendo il bisogno di dormire, si raccomandano dosaggi nell'ordine dei 150 mg per kg di peso corporeo.

Stati carenziali o di eccesso

Le carenze di tirosina sono piuttosto rare e associate perlopiù a casi di malnutrizione calorico-proteica. Bassi livelli di questo amminoacido sono stati associati a ipotensione, bassa temperatura corporea e a ipotiroidismo. Deficit di tirosina possono registrarsi negli individui fenilchetonuretici, a causa della necessità di allontanare nel modo più assoluto tutte le fonti alimentari di fenilalanina dalla propria dieta. Il deficit viene compensato inserendo l'amminoacido nei supplementi amminoacidici che questi individui sono costretti ad assumere quotidianamente in quantità importanti.

L'eccessiva assunzione di tirosina è stata messa in relazione con lesioni oculari, ritardi della crescita e cali di appetito. Tuttavia, la tirosina è generalmente ben tollerata e solo una piccola percentuale di individui ha lamentato problemi di nausea, mal di testa, affaticamento, bruciori di stomaco e dolori articolari dopo la sua assunzione.

Caratteristiche e sinergie

in questa formulazione, oltre alla L-tirosina troviamo anche il Selenio (come selenio metionina, quindi assorbita più rapidamente e trattenuta più a lungo dai tessuti) e lo Zinco (come zinco gluconato, ovvero la forma più biodisponibile) come elementi sinergici che potenziano l’effetto e aiutano nella modulazione.

  • Selenio (Se): è un bioregolatore essenziale e la sua azione, sinergica con quella dei flavonoidi, vitamina C e vitamina E, e degli ubichinoni, e  protegge l’organismo dallo stress ossidativo, dagli effetti degli stress cronici e dalle conseguenze biochimiche di certe intossicazioni. ll selenio, infatti, è fondamentale per il funzionamento di alcuni enzimi, chiamati appunto seleno-proteine, i quali, senza questo elemento, non sono in grado di funzionare correttamente.
    Esistono almeno trenta seleno-proteine ma quelle più importanti possono essere ridotte a tre:
    a) la glutatione-perossidasi: enzima con azione antiossidante, in grado di ridurre gli effetti tossici dei radicali liberi, di ridurre la morte cellulare per apoptosi e di modulare la sintesi della tireoglobulina (TG) e degli ormoni tiroidei (T4, T3);
    b) la iodiotironina deiodinasi: rappresentata da una famiglia di enzimi, noti anche come desiodasi (D1, D2, D3). Ciascuna isoforma ha una differente distribuzione tissutale e determina l’attivazione, o l’inattivazione, degli ormoni tiroidei a livello dei diversi organi. La presenza di selenio in concentrazione plasmatica sufficiente è fondamentale per il funzionamento di questi enzimi e, conseguentemente, per la produzione di ormone tiroideo attivo (T3).
    c) la tioredoxina reduttasi: ha un’azione ossido-riduttiva per cui protegge dallo stress ossidativo.
    Da quanto detto, pertanto, appare evidente che i principali enzimi per il cui funzionamento è necessaria la presenza di selenio, eplicano la loro azione nel metabolismo tiroideo.
    Non a caso, infatti, la tiroide è il tessuto umano in cui vi è la più alta concentrazione di selenio ed al suo interno la concentrazione di selenio può rimanere stabile anche per molto tempo, indipendentemente dall’introito dietetico e dalla disponibilità nell’organismo.
    Una conferma dello stretto legame fra tiroide e selenio è data dalla tireoperossidasi (TPO), enzima chiave per la sintesi della tireoglobulina e degli ormoni tiroidei. Dalle reazioni chimiche necessarie per la sintesi degli ormoni tiroidei in cui interviene la tireoperossidasi, tuttavia, si generano dei radicali liberi che sarebbero pericolosi e dannosi se non fosse attivo un sistema di difesa atto a proteggere la cellula tiroidea dal danno ossidativo. Questo sistema di difesa intra-tiroideo è rappresentato, in larga parte, proprio dall’enzima selenio-dipendente glutatione-perossidasi. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che a bassi livelli ematici di selenio corrisponde un aumento dello stress ossidativo e del danno a livello del tessuto tiroideo, con riduzione della produzione degli ormoni tiroidei e conseguente ipotiroidismo.
    E’ probabile, pertanto, che una carenza di selenio possa innescare e mantenere una tiroidite autoimmune in pazienti predisposti allo sviluppo della malattia.
    Pertanto la supplementazione di selenio potrebbe avere un grande impatto dato che la tiroidite cronica autoimmune è tra le patologie endocrine più frequenti, interessando circa il 10% della popolazione femminile ed il 2% di quella maschile. Inoltre, la tiroidite autoimmune è in progressivo aumento e rappresenta la causa più frequente di ipotiroidismo (50-80% dei casi).
    Per questo motivo sono stati effettuati diversi studi scientifici per valutare gli effetti della somministrazione di selenio, da solo o associato all’ormone tiroideo (levotiroxina), in diverse disfunzioni tiroidee come: la tiroidite cronica autoimmune, l’ipotiroidismo subclinico, l’ipotiroidismo franco, il morbo di Basedow e le tireopatie in gravidanza.
    In generale molti di questi studi dimostrano che nelle tiroiditi autoimmuni la somministrazione di selenio può determinare un significativo calo del titolo anticorpale (anticorpi anti TPO) ed una stabilizzazione del quadro ecografico.
    Pertanto da questi studi preliminari emerge che è probabile che la supplementazione di dosi fisiologiche di selenio possa essere in grado di prevenire il peggioramento della funzione della ghiandola specie nelle tiroiditi autoimmuni. Questi risultati sono spiegabili sulla base di un’azione regolatoria diretta del selenio sul sistema immunitario, come dimostrato da altri studi presenti in letteratura scientifica.
    Inoltre, la somministrazione di selenio, infine, potrebbe avere un ruolo positivo anche nelle donne con tiroidite autoimmune in gravidanza e nel ridurre il coinvolgimento oculare (oftalmopatia basedowiana) (prenota una visita oculistica) nel pazienti affetti da morbo di Graves.
    In conclusione la carenza di selenio può avere un impatto cruciale, soprattutto nel caso di attivazione del sistema immunitario e quando la produzione di ormoni tiroidei è ridotta, come avviene nei casi di tiroidite cronica.
    Sembra altresì evidente che, sebbene ulteriori studi scientifici siano ancora necessari, che la somministrazione di selenio possa produrre benefici nel caso di tireopatie autoimmuni.

  • Zinco (Zn): “microminerale”, fa parte di oltre 300 complessi enzimatici ed è necessario per il corretto funzionamento di molti ormoni, inclusi gli ormoni tiroidei, il cortisolo, l’insulina, l’ormone della crescita e gli ormoni sessuali. L’organismo ne contiene nei muscoli, nei globuli rossi e in quelli bianchi.
    Si trova principalmente nelle cellule di organi come fegato, pancreas e reni, nella retina degli occhi e nei tessuti di muscoli, epidermide, ossa, unghie e capelli; in concentrazioni minori è presente anche nei neuroni, nello sperma, nel plasma, nei globuli rossi e bianchi. Lo zinco viene assorbito a livello dell’intestino tenue e la sua espulsione avviene tramite le feci e, in parte, con l’urina. Modula i processi cerebrali di neurotrasmissione e contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario contro virus e batteri ed è necessario per favorire il corretto funzionamento del timo (attiva in circolo l’ormone timulina), dei leucociti e specialmente dei linfociti T, agendo come immuno-stimolante a favore del linfociti Th1 e cellule NK; studi recenti hanno dimostrato che lo zinco è un potente e specifico inibitore della segnalazione degli interferoni-lambda, che sono citochine pro-infiammatorie importanti nell’infezione virale acuta e cronica. Nel mondo, un individuo su quattro, può essere carente di zinco, e la maggior parte degli individui con ipotiroidismo sono carenti di questo microminerale. Da ricordare, infine, che deficit di zinco impediscono la conversione dell’ormone tiroideo T4 in T3.

  • Fucus è un'alga marina con tallo lungo fino ad 2 metri, chiamato anche “Alga bruna” cresce lungo le coste dei mari temperati e freddi dell’emisfero nord e particolarmente abbondante nel canale della Manica e contiene alginati e iodio in percentuale dallo 0,05-0,2%. Ricco di Sali minerali, Vit. C, caroteni, contiene come principi attivi iodio inorganico e proteico, potassio, sali minerali, vitamine, acido alginico, carboidrati, carotenoidi, bromofenoli, acido ascorbico.

    Lo iodio è un elemento facilmente assorbibile dall’organismo umano, stimola la tiroide velocizzando il metabolismo basale, aiuta a bruciare l’eccesso di calorie svolgendo un’azione atta alla perdita del peso corporeo eliminando i grassi depositati nel tessuto sottocutaneo.

    Il fucus ha mostrato di possedere attività antibiotica e la sua frazione mucopolisaccaridica (lectine) possiede attività immunomodulante (induzione di trasformazione leucocitaria) e anticandida.

Precauzioni d'uso e interazioni farmacologiche

Si consiglia prudenza nel caso in cui si desideri assumere integratori di tirosina in presenza di cefalea ed emicrania, in quanto l'amminoacido potrebbe esacerbare questi disturbi (aumentando la sintesi di tiramina). Per lo stesso motivo andrebbe evitato l'uso in associazione a farmaci MAO-inibitori (rischio di crisi ipertensive con danno cardiaco); tra questi farmaci ricordiamo l'isocarbossazide, la fenelzina, la selegilina, la moclobemide e la tranilcipromina. Prudenza anche nei soggetti ipertiroidei, affetti da morbo di Basedow o che assumono farmaci contro l'ipotiroidismo come la tiroxina (eutirox); infine, l'assunzione di tirosina va assolutamente vietata durante il trattamento con levodopa (un farmaco antiparkinsoniano), data la competizione di assorbimento a livello intestinale.

N.B. Non vengono utilizzati per la preparazione del prodotto: frumento, zucchero, sale, l’amido, soia, derivati del latte, conservanti, coloranti e aromi artificiali.

Ingredienti e tenore giornaliero

L-tirosina 500mg, zinco gluconato 18mg (zinco 4,5mg - 45% VNR), fucus (Fucus vesiculosus L.) tallo 37,5 mg e.s. tit. 0,2% iodio (75mg - 50% VNR), selenio metionina 4mg (50mcg selenio . 91% VNR).

Capsule: gelatina vegetale HPMC qsp 100%.

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In pilloliera PET: 60capsule (peso 33,50g).

Modalità d’uso

1 capsula al giorno.

Effetto fisiologico

La tirosina è un amminoacido importantissimo per l'organismo umano, perchè è punto di partenza per la sintesi di importanti neurotrasmettitori, come la dopamina, l'adrenalina e la noradrenalina. Queste ultime due sostanze sono importantissime per il processo di adattamento a stress psicofisici intensi e improvvisi. Per questo motivo alla tirosina vengono ascritte proprietà adattogene, utili per migliorare la risposta dell'organismo a stress di varia natura, perchè migliora le funzioni cognitive e aumenta la resistenza allo sforzo, contrastando in particolare gli effetti negativi dello stress. Non a caso questo amminoacido veniva assunto a dosi elevate dai piloti dei cacciabombardieri impegnati nella guerra delle Falkland, allo scopo di rimanere svegli più a lungo ed elevare la soglia di attenzione. Il suo apporto alimentare non è essenziale ma può diventarlo in condizioni di carenza di fenilalanina. Oltre ad essere ricavata dagli alimenti, la tirosina può infatti essere sintetizzata a partire dalla fenilalanina, per semplice aggiunta di un gruppo ossidrilico (OH) al suo anello aromatico. Essendo quest'ultima un amminoacido essenziale, la tirosina viene fatta rientrare nella categoria degli aminoacidi semiessenziali.

Poiché la tirosina è precorritrice della dopamina e della noradrenalina, i cui livelli tendono ad essere bassi nelle persone depresse, l'integrazione di questo amminoacido è stata proposta come coadiuvante per il trattamento degli episodi depressivi minori.

La tirosina è necessaria anche per la sintesi di melanina, il pigmento cutaneo responsabile dell'abbronzatura e del colore della pelle, ma anche di quello degli occhi e dei capelli. Partecipa inoltre alla sintesi di svariati ormoni, come quelli tiroidei, oltre ad intervenire nella sintesi proteica e rientrare così nella maggior parte delle strutture proteiche dell'organismo.

Le dosi terapeutiche o di integrazione normalmente consigliate sono di 500-1000 mg di L-tirosina, da assumersi tre volte al giorno prima dei pasti principali. Per migliorare lo stato di veglia, riducendo il bisogno di dormire, si raccomandano dosaggi nell'ordine dei 150 mg per kg di peso corporeo.

Stati carenziali o di eccesso

Le carenze di tirosina sono piuttosto rare e associate perlopiù a casi di malnutrizione calorico-proteica. Bassi livelli di questo amminoacido sono stati associati a ipotensione, bassa temperatura corporea e a ipotiroidismo. Deficit di tirosina possono registrarsi negli individui fenilchetonuretici, a causa della necessità di allontanare nel modo più assoluto tutte le fonti alimentari di fenilalanina dalla propria dieta. Il deficit viene compensato inserendo l'amminoacido nei supplementi amminoacidici che questi individui sono costretti ad assumere quotidianamente in quantità importanti.

L'eccessiva assunzione di tirosina è stata messa in relazione con lesioni oculari, ritardi della crescita e cali di appetito. Tuttavia, la tirosina è generalmente ben tollerata e solo una piccola percentuale di individui ha lamentato problemi di nausea, mal di testa, affaticamento, bruciori di stomaco e dolori articolari dopo la sua assunzione.

Caratteristiche e sinergie

in questa formulazione, oltre alla L-tirosina troviamo anche il Selenio (come selenio metionina, quindi assorbita più rapidamente e trattenuta più a lungo dai tessuti) e lo Zinco (come zinco gluconato, ovvero la forma più biodisponibile) come elementi sinergici che potenziano l’effetto e aiutano nella modulazione.

  • Selenio (Se): è un bioregolatore essenziale e la sua azione, sinergica con quella dei flavonoidi, vitamina C e vitamina E, e degli ubichinoni, e  protegge l’organismo dallo stress ossidativo, dagli effetti degli stress cronici e dalle conseguenze biochimiche di certe intossicazioni. ll selenio, infatti, è fondamentale per il funzionamento di alcuni enzimi, chiamati appunto seleno-proteine, i quali, senza questo elemento, non sono in grado di funzionare correttamente.
    Esistono almeno trenta seleno-proteine ma quelle più importanti possono essere ridotte a tre:
    a) la glutatione-perossidasi: enzima con azione antiossidante, in grado di ridurre gli effetti tossici dei radicali liberi, di ridurre la morte cellulare per apoptosi e di modulare la sintesi della tireoglobulina (TG) e degli ormoni tiroidei (T4, T3);
    b) la iodiotironina deiodinasi: rappresentata da una famiglia di enzimi, noti anche come desiodasi (D1, D2, D3). Ciascuna isoforma ha una differente distribuzione tissutale e determina l’attivazione, o l’inattivazione, degli ormoni tiroidei a livello dei diversi organi. La presenza di selenio in concentrazione plasmatica sufficiente è fondamentale per il funzionamento di questi enzimi e, conseguentemente, per la produzione di ormone tiroideo attivo (T3).
    c) la tioredoxina reduttasi: ha un’azione ossido-riduttiva per cui protegge dallo stress ossidativo.
    Da quanto detto, pertanto, appare evidente che i principali enzimi per il cui funzionamento è necessaria la presenza di selenio, eplicano la loro azione nel metabolismo tiroideo.
    Non a caso, infatti, la tiroide è il tessuto umano in cui vi è la più alta concentrazione di selenio ed al suo interno la concentrazione di selenio può rimanere stabile anche per molto tempo, indipendentemente dall’introito dietetico e dalla disponibilità nell’organismo.
    Una conferma dello stretto legame fra tiroide e selenio è data dalla tireoperossidasi (TPO), enzima chiave per la sintesi della tireoglobulina e degli ormoni tiroidei. Dalle reazioni chimiche necessarie per la sintesi degli ormoni tiroidei in cui interviene la tireoperossidasi, tuttavia, si generano dei radicali liberi che sarebbero pericolosi e dannosi se non fosse attivo un sistema di difesa atto a proteggere la cellula tiroidea dal danno ossidativo. Questo sistema di difesa intra-tiroideo è rappresentato, in larga parte, proprio dall’enzima selenio-dipendente glutatione-perossidasi. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che a bassi livelli ematici di selenio corrisponde un aumento dello stress ossidativo e del danno a livello del tessuto tiroideo, con riduzione della produzione degli ormoni tiroidei e conseguente ipotiroidismo.
    E’ probabile, pertanto, che una carenza di selenio possa innescare e mantenere una tiroidite autoimmune in pazienti predisposti allo sviluppo della malattia.
    Pertanto la supplementazione di selenio potrebbe avere un grande impatto dato che la tiroidite cronica autoimmune è tra le patologie endocrine più frequenti, interessando circa il 10% della popolazione femminile ed il 2% di quella maschile. Inoltre, la tiroidite autoimmune è in progressivo aumento e rappresenta la causa più frequente di ipotiroidismo (50-80% dei casi).
    Per questo motivo sono stati effettuati diversi studi scientifici per valutare gli effetti della somministrazione di selenio, da solo o associato all’ormone tiroideo (levotiroxina), in diverse disfunzioni tiroidee come: la tiroidite cronica autoimmune, l’ipotiroidismo subclinico, l’ipotiroidismo franco, il morbo di Basedow e le tireopatie in gravidanza.
    In generale molti di questi studi dimostrano che nelle tiroiditi autoimmuni la somministrazione di selenio può determinare un significativo calo del titolo anticorpale (anticorpi anti TPO) ed una stabilizzazione del quadro ecografico.
    Pertanto da questi studi preliminari emerge che è probabile che la supplementazione di dosi fisiologiche di selenio possa essere in grado di prevenire il peggioramento della funzione della ghiandola specie nelle tiroiditi autoimmuni. Questi risultati sono spiegabili sulla base di un’azione regolatoria diretta del selenio sul sistema immunitario, come dimostrato da altri studi presenti in letteratura scientifica.
    Inoltre, la somministrazione di selenio, infine, potrebbe avere un ruolo positivo anche nelle donne con tiroidite autoimmune in gravidanza e nel ridurre il coinvolgimento oculare (oftalmopatia basedowiana) (prenota una visita oculistica) nel pazienti affetti da morbo di Graves.
    In conclusione la carenza di selenio può avere un impatto cruciale, soprattutto nel caso di attivazione del sistema immunitario e quando la produzione di ormoni tiroidei è ridotta, come avviene nei casi di tiroidite cronica.
    Sembra altresì evidente che, sebbene ulteriori studi scientifici siano ancora necessari, che la somministrazione di selenio possa produrre benefici nel caso di tireopatie autoimmuni.

  • Zinco (Zn): “microminerale”, fa parte di oltre 300 complessi enzimatici ed è necessario per il corretto funzionamento di molti ormoni, inclusi gli ormoni tiroidei, il cortisolo, l’insulina, l’ormone della crescita e gli ormoni sessuali. L’organismo ne contiene nei muscoli, nei globuli rossi e in quelli bianchi.
    Si trova principalmente nelle cellule di organi come fegato, pancreas e reni, nella retina degli occhi e nei tessuti di muscoli, epidermide, ossa, unghie e capelli; in concentrazioni minori è presente anche nei neuroni, nello sperma, nel plasma, nei globuli rossi e bianchi. Lo zinco viene assorbito a livello dell’intestino tenue e la sua espulsione avviene tramite le feci e, in parte, con l’urina. Modula i processi cerebrali di neurotrasmissione e contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario contro virus e batteri ed è necessario per favorire il corretto funzionamento del timo (attiva in circolo l’ormone timulina), dei leucociti e specialmente dei linfociti T, agendo come immuno-stimolante a favore del linfociti Th1 e cellule NK; studi recenti hanno dimostrato che lo zinco è un potente e specifico inibitore della segnalazione degli interferoni-lambda, che sono citochine pro-infiammatorie importanti nell’infezione virale acuta e cronica. Nel mondo, un individuo su quattro, può essere carente di zinco, e la maggior parte degli individui con ipotiroidismo sono carenti di questo microminerale. Da ricordare, infine, che deficit di zinco impediscono la conversione dell’ormone tiroideo T4 in T3.

  • Fucus è un'alga marina con tallo lungo fino ad 2 metri, chiamato anche “Alga bruna” cresce lungo le coste dei mari temperati e freddi dell’emisfero nord e particolarmente abbondante nel canale della Manica e contiene alginati e iodio in percentuale dallo 0,05-0,2%. Ricco di Sali minerali, Vit. C, caroteni, contiene come principi attivi iodio inorganico e proteico, potassio, sali minerali, vitamine, acido alginico, carboidrati, carotenoidi, bromofenoli, acido ascorbico.

    Lo iodio è un elemento facilmente assorbibile dall’organismo umano, stimola la tiroide velocizzando il metabolismo basale, aiuta a bruciare l’eccesso di calorie svolgendo un’azione atta alla perdita del peso corporeo eliminando i grassi depositati nel tessuto sottocutaneo.

    Il fucus ha mostrato di possedere attività antibiotica e la sua frazione mucopolisaccaridica (lectine) possiede attività immunomodulante (induzione di trasformazione leucocitaria) e anticandida.

Precauzioni d'uso e interazioni farmacologiche

Si consiglia prudenza nel caso in cui si desideri assumere integratori di tirosina in presenza di cefalea ed emicrania, in quanto l'amminoacido potrebbe esacerbare questi disturbi (aumentando la sintesi di tiramina). Per lo stesso motivo andrebbe evitato l'uso in associazione a farmaci MAO-inibitori (rischio di crisi ipertensive con danno cardiaco); tra questi farmaci ricordiamo l'isocarbossazide, la fenelzina, la selegilina, la moclobemide e la tranilcipromina. Prudenza anche nei soggetti ipertiroidei, affetti da morbo di Basedow o che assumono farmaci contro l'ipotiroidismo come la tiroxina (eutirox); infine, l'assunzione di tirosina va assolutamente vietata durante il trattamento con levodopa (un farmaco antiparkinsoniano), data la competizione di assorbimento a livello intestinale.

N.B. Non vengono utilizzati per la preparazione del prodotto: frumento, zucchero, sale, l’amido, soia, derivati del latte, conservanti, coloranti e aromi artificiali.

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